■ Cos’è l’elisione? ■ Cos’è un troncamento? ■ Cos’è l’aferesi? ■ Che differenza c’è tra elisione e troncamento? ■ Che differenza c’è tra apostrofo e accento? ■ I troncamenti richiedono l’apostrofo? ■ Quando l’apostrofo è obbligatorio? ■ Davanti a vocale l’apostrofo è sempre obbligatorio? ■ Scrivere questa azienda è errato? ■ Si può dire c’è e c’ha? ■ Qual è e tal altro si possono scrivere con l’apostrofo? ■ Si può scrivere qual’erano? ■ Quali sono i troncamenti che richiedono l’apostrofo? ■ Perché non si può scrivere “la penna d’Antonio” ma si scrive “d’altro canto”? ■ Per ché “l’isola” si apostrofa ma la iella non si può apostrofare? ■ Si può apostrofare una parola che inizia per consonante? ■ Si può scrivere l’Fbi o l’8 marzo? ■ Tra e fra si possono apostrofare?
L’apostrofo (che non bisogna mai confondere con l’accento) si mette al posto di una vocale che cade e viene omessa, e si chiama anche elisione (da elidere). Sta al posto dell’ultima vocale di una parola, che si sostituisce con l’apposito segno (’) e si attacca alla parola successiva. Il motivo di queste elisioni è quello di far suonare meglio e in modo più naturale e semplice la pronuncia.
L’apostrofo prende il posto dello spazio che dividerebbe le parole, dunque le parole apostrofate si scrivono attaccate e senza spazio, come fossero una sola (mai scrivere “l’ amico“).
Proprio per questa ragione eufonica, l’uso dell’apostrofo è spesso una questione di stile e di orecchio: non ci sono delle regole rigide, e si può scrivere correttamente sia “una ipotesi” sia “un’ipotesi”, oppure “questa azienda” e “quest’azienda” (ma anche se non è grammaticamente scorretto la forma apostrofata è preferita e molto più frequente). Per sapere di più sull’uso con gli articoli vedi → articoli determinativi e → indeterminativi.
Più precisamente, l’uso dell’apostrofo davanti a vocale è facoltativo con:
● questo e questa (solo al singolare): questo uomo o quest’uomo;
● la preposizione di: di interesse o d’interesse, di intesa e d’intesa;
● le particelle pronominali mi, ti, si e vi (nel caso di ci è obbligatorio con il verbo essere, c’è e c’era, ma errato con le parole che iniziano con altra vocale e il verbo avere, c’aveva, c’ho): mi illumino e m’illumino, ti amo e t’amo…
● anche seguito dai pronomi personali: anche io o anch’io, anche egli o, anch’egli (ma solo in questi casi, non si può dire anch’Elena);
● come, dove, quando e quanto seguiti dal verbo essere: come è o com’è, dove è o dov’è… (ma non si usa dire quand’andiamo o quant’armonia).
L’elisione è invece diventata obbligatoria davanti a vocale:
● con gli articoli lo e la (e le preposizioni articolate da loro formate): l’anima, l’apostrofo, dell’uomo, sull’albero, nell’acqua;
● con quello e bello (solo al singolare): bell’armadio, bell’uomo, quell’altro;
● con ci seguito dalle forme del verbo essere che iniziano con è: c’è, c’era, c’erano;
● con santo seguito da una parola che inizia con vocale: sant’Antonio, sant’Anna;
● in varie frasi fatte come mezz’ora, d’altra parte, d’ora in poi, d’altronde, buon’anima, senz’altro…
Viceversa, l’elisione non si fa mai:
● con da: andiamo da Antonio, vengo da Ancona, da anni (tranne in alcune locuzioni fatte come: d’altro canto, d’altra parte, d’ora innanzi, d’ora in poi, d’altronde…);
● con le, gli e i loro derivati e composti: le elezioni (e mai l’elezioni), delle erbe, degli altri, gli elefanti (solo davanti alla i è in teoria possibile apostrofare gli, per esempio gl’istrici, ma è meglio evitarlo, non è molto usato);
● con su, tra e fra: tra amici, fra alunni;
● davanti alle i con valore di semiconsonante (cioè che fungono da consonanti perché sono seguite da vocale): la iella (e mai l’iella), la Juventus, la iuta…
● Con questi, queste, quelle, quegli, belle, belli, begli…: che begli occhi (meglio non scrivere begl’occhi).
Talvolta, si usa l’apostrofo anche quando una parola si pronuncia come se iniziasse per vocale, e per esempio si può scrivere l’Fbi, perché anche se si scrive con la f è pronunciato come se iniziasse per e (sulla pronuncia delle sigle vedi “Sigle e acronimi“); lo stesso vale nel caso di l’8 marzo (perché è considerato come se iniziasse con la o). Dunque in questi casi si può trovare l’apostrofo anche per parole che iniziano con consonante o con numeri.
Il troncamento
Il troncamento si distingue dall’apostrofo perché anche se in qualche caso si usa il medesimo segno per indicare la caduta di un sillaba (po’ per poco, a mo’ per a modo), non si lega alla parola successiva, e fa parte della parola troncata.
Quando po’ è vicino ad altre parole mantiene lo spazio di separazione: “un po’ a me” è ben diverso da “l’amico” che si scrive tutto attaccato. Nel primo caso l’apostrofo è parte integrante della parola che ha perso una sillaba e che vive da sola, nel secondo caso lo stesso segno indica che è avvenuta la caduta di una vocale per l’elisione (l’ non è una parola che vive da sola).
Negli altri casi, però, i troncamenti non richiedono l’apostrofo e utilizzarlo nelle forme tronche sarebbe un errore grave: buon uomo non si apostrofa mai, e il fatto che la parola che segue buon inizi per vocale o consonante è indifferente, si scrive “un buon amico” esattamente come “buon pasto”, “buon libro” o “buon giorno”.
Gli errori più comuni e diffusi in proposito riguardano tale e quale: si scrive “qual è”, “qual era”, “tal uomo”, “tal altro” sempre senza apostrofo, come a “tal punto”, perché tal e qual sono parole che vivono da sole e sono già tronche, non necessitano perciò dell’elisione: “Qual’è” è uno degli errori/orrori più diffusi da evitare!
L’uso di qual e tal tronchi o per esteso è facoltativo, si può dire qual buon vento ma anche quale buon vento, così come si può dire “chi sa qual diavoleria avrebbe attaccata a quel numero, se don Abbondio non l’avesse interrotto” (I promessi sposi), e in qual maniera, la qual cosa, qual si voglia, chissà in qual ordine…
Invece al plurale quali si può elidere (la forma tronca qual significa quale, non quali), dunque è corretto scrivere qual’erano oltre a quali erano.
Dunque, quando esiste una parola tronca che vive da sola, come qual, tal, buon, alcun… non bisogna mai usare la parola senza troncamenti e apostrofarla!
Lo stesso vale nel caso degli articoli indeterminativi un e uno: al maschile uno non si apostrofa mai, si usa la forma tronca un; solo al femminile, visto che esiste solo la forma una, la si apostrofa davanti a vocale: un’amica (ma mai un’amico).
Allo stesso modo non si mette l’apostrofo in casi come signor Antonio (signor al posto di signore vive da solo: per es. signor Marco), nessun amico e nessun soldo (nessuno segue le regole di uno da cui è composto).
I troncamenti che richiedono l’apostrofo
Tra i pochi casi di troncamento che richiedono l’apostrofo oltre a po’ (troncamento di poco, che non bisogna mai scrivere con l’accento: “pò” è un errore) e mo’ (nel significato di a modo: a mo’ d’esempio) c’è anche to’ (prendi), ca’ (nel senso di casa: ca’ Foscari).
Spesso si trova l’apostrofo anche negli imperativi tronchi: fa’ (= fai), da’ (= dai), sta’ (= stai), va’ (= vai), ma non obbligatoriamente (queste forme verbali si trovano anche per esteso, a parte di’ = dimmi).
Oppure si usa l’apostrofo nelle date troncate: il ’68 (cade la prima parte sottintesa di 1968).
L’unico caso in cui si usa l’accento invece dell’apostrofo per indicare un troncamento è piè al posto di piede (Achille piè veloce, a piè di pagina, piè fermo), e poi alcuni dizionari riportano anche l’imperativo del verbo dare da’ affiancato anche dalla variante accentata dà (decisamente meno corretta ed elegante).
L’elisione nell’aferesi
L’elisione, infine, può comparire anche quando la caduta di una sillaba è all’inizio di parola (in questo caso il “troncamento” iniziale si chiama aferesi) per esempio nelle forme di registro popolare come ‘sto e ‘sta (meglio evitarle fuori dai registri popolari) al posto di questo o questa, in quelle poetiche come ‘l per il (S’i’ fosse foco, arderei ‘l mondo), o in quelle gergali non ufficializzate nei dizionari come ‘notte per buonanotte.
Vedi anche
→ “Apostrofo e accento sono segni diversi da non confondere“
→ “Uno, un e una: gli articoli indeterminativi e quando si apostrofano“
→ “L’apostrofo degli articoli: non si usa nel caso di gli e le” (paragrafo interno al collegamento)
→ “Le preposizioni articolate” (contiene le prescrizioni sull’apostrofo)