Odisseo e i compagni accecano il ciclope Polifemo |
![]() Quando i Titani si ribellarono a Urano, Crono, il più giovane di loro, mutilò il padre e gli rubò lo scettro inaugurando un nuovo regno. Poi, per paura che vendicassero il padre, imprigionò nell'Ade i Ciclopi e gli Ecatonchiri facendoli guardare a vista dalla terribile Kampe. Il mostro fu però ucciso da Zeus, che, liberati i prigionieri, si avvalse del loro aiuto per sconfiggere i ribelli. La guerra fra gli dei olimpici e i Titani durò dieci anni e viene ricordata col nome di Titanomachia. Zeus poté ottenere la vittoria grazie alle potenti folgori fabbricate per lui dai Ciclopi che, da quel momento, ricoprirono il ruolo di fabbri divini. Di natura completamente differente sono i Ciclopi omerici, il cui rappresentante più famoso è Polifemo. Questi, infatti, sarebbero un popolo di giganti dediti alla pastorizia (ma ignari dell'agricoltura, modulo economico primario nella valutazione della Grecia classica), particolarmente rozzi, incuranti delle divinità e, addirittura, dediti all'antropofagia (segno, per l'ideologia greca, di totale primitivismo). La loro localizzazione è incerta: qualcuno sostiene che vivessero in Sicilia, altri in Campania, altri ancora nelle Canarie. Il fatto però che fossero sempre associati a zone vulcaniche ha portato a identificare questi giganti estremamente violenti con l'attività vulcanica stessa. Il loro aspetto non è mai specificato e nessun testo antico fa riferimento al fatto che abbiano un solo occhio, tranne nelle descrizioni di Polifemo che troviamo nell'Odissea: "...Ma Poseidone che scuote la terra inflessibilmente è irato per il Ciclope, a cui l'occhio accecò, per Polifemo divino, la cui forza è massima fra tutti i Ciclopi; lo generò Tòosa, la ninfa figlia di Forchis (Forco n.d.r.), signore del mare instancabile, nei cupi anfratti unita con Poseidone..." (Odissea, I, 68-73) Anche Enea lo incontra durante il suo viaggio e ne rimane visibilmente impressionato, vedendolo accompagnare le sue greggi al pascolo, ormai cieco: "...ed ecco in su la vetta Del monte avverso, Polifemo apparve. Sembrato mi sarebbe un altro monte A cui la gregge sua pascesse intorno, Se non che si movea con essa insieme, E torreggiando, inverso la marina Per l'usato sentier se ne calava; Mostro orrendo, difforme e smisurato, Che avea come una grotta oscura in fronte Invece d'occhio, e per bastone un pino Onde i passi fermava." (Eneide, III, 1031-1041) E' stato osservato che, per quello che si può evincere dal testo omerico e da quello virgiliano, Polifemo sarebbe anche potuto essere un gigante orbo, che aveva un solo occhio perché l'altro lo aveva perso. D'altronde l'iconografia non ci aiuta a sciogliere questo dubbio, infatti esistono molte raffigurazioni di questi personaggi sia con due normalissimi occhi che con uno solo. Va detto, tuttavia, che Omero parla esplicitamente della "terra dei Ciclopi", dove questi giganti vivevano numerosi, il che fa pensare a una specie ben precisa di mostri. Nel passo tratto dall'Odissea, comunque, è evidente come questi ciclopi abbiano una genealogia differente dai loro omonimi preolimpici (Polifemo sarebbe figlio della ninfa Tòosa e di Poseidone). Bisogna ricordare, inoltre, che con questo nome vengono chiamate tutte quelle popolazioni preistoriche umane o umanoidi a cui vengono attribuite quelle costruzioni megalitiche, quali le mura di Micene e di Tirinto, dette appunto "ciclopiche". (MdR) |
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