Il robot Maria protagonista di Metropolis di Fritz Lang (1926) |
![]() Spesso gli automi sono caratterizzati da un qualcosa di perturbante e di mostruoso: con i loro movimenti meccanici, con la loro vita apparente priva di anima, nascondono il mito del morto che ritorna, come lo zombie e, per certi versi il vampiro. Analogamente anche le bambole, con il loro volto inespressivo, vitreo e vuoto come gli automi, sono dei simboli che si ritrovano frequentemente nella letteratura dell'orrore e del terrore. L'automa è un essere meccanico creato dall'uomo. Una variante pre-tecnologica è rappresentata dal mito del Golem che è la creazione di un essere vivente partendo da elementi naturali anziché meccanici. Analoga è la leggenda alchemica dell'homunculus, che consentirebbe di creare un piccolo uomo in vitro. Se la magia è la molla che dà vita a Golem e zombie, è dalla tecnologia che nascono automi e robot. Il passaggio intermedio tra le due categorie si può rintracciare nella creatura del dottor Frankenstein, che se da un lato è figlia della scienza e della tecnologia, dall'altro è ancora legata all'utilizzo dei cadaveri e del tessuto vivente: elementi naturali e non meccanici. La forza vitale della magia è sostituita da quella dell'elettricità (il fulmine). Nel Gabinetto del dottor Caligari (1919) di Robert Wiene, il dott Caligari - interpretato da Werner Krauss - custodisce in una cassa un uomo-automa di cui è in grado di controllare la volontà, Cesare, interpretato da Conrad Veidt. Mentre lo strano dottore circola con palandrana e bastone per una piccola cittadina del primo ottocento alla ricerca del permesso di esibire la propria rarità in una fiera, l'automa viene utilizzato per fini delittuosi e personali. Metropolis (1926) di Fritz Lang ci presenta una donna meccanica, mostro sobillatore dotato di un'irresistibile carica sensuale, che si sostituisce alla buona e innocente Maria. Il kolossal, girato con migliaia di comparse, costò sette milioni di marchi, e utilizzò circa 620.000 metri di pellicola girata. In epoca moderna compare il termine robot, per la prima volta nel dramma dello scrittore cecoslovacco Karel Capev R.U.R (1929). La parola deriva dal ceco ròbota, lavoro, e indica appunto i lavoratori automatici che in era tecnologica sostituiscono il Golem nel lavoro al posto degli uomini. Il tema del robot impazzito che si ribella all'uomo si ritrova in molti film tra cui spicca Il mondo dei robot (1973) di Charles Crichton, con Yul Brinner nella parte di un inarrestabile sterminatore di uomini. I robot, inizialmente costruiti per assecondare i desideri di ricchi visitatori di un enorme parco divertimenti, si ribellano e compiono stragi. Il tema viene poi riproposto recentemente nel Jurassic Park (1993) di Steven Spielberg che sostituisce ai mostri meccanici i mostri preistorici prodotti dalla biogenetica. La fusione di elementi biologici e meccanici in mostruosi organismi cibernetici, ha generato una galleria di mostri estremamente ampia. Il termine cyborg (fusione dei termini inglesi cybernetic e organism), è coniato nel 1960 per esprimere l'idea di creare organismi potenziati dalla tecnologia, in grado di adattare l'uomo alle imprese spaziali. Questa esigenza positiva si ritrova poi nella medicina attraverso le invenzioni di protesi e arti artificiali manovrabili attraverso impulsi nervosi volontari. Naturalmente, nel cinema e nella letteratura il rovesciamento mostruoso del concetto era inevitabile. Dopo le serie televisive dell'uomo e della donna bionica, in cui i cyborg operavano in difesa del bene, ecco comparire tutta una serie di creature spaventevoli. Nel 1984 arriva Terminator, di James Cameron, con il terribile Arnold Schwarzenegger giunto dal futuro per uccidere Sarah Connor, personaggio chiave del destino dell'umanità. Nella continuazione del film Terminator viene riprogrammato e diventa buono. Sarà lui a proteggere il figlio della Connor da un altro più sofisticato robot di ultima generazione. Analogamente, Robocop (1987), di Irvin Kershner, è un cyborg-poliziotto costruito per mantenere l'ordine a Detroit e per combattere il crimine. E' creato con il cervello e il corpo di Murphy, un agente morto in servizio e, nella continuazione del film, deve affrontare un altro più moderno e terrificante robot cattivo. Nel 1977, nel film Blade Runner di Ridley Scott erano comparsi anche i replicanti, veri e propri robot biologici quasi indistinguibili dagli uomini, nei quali erano stati addirittura impiantati dei "ricordi sintetici" di un'infanzia e di un passato mai esistiti. Nel 1991 è la volta di Edward mani di forbice di Tim Burton, con il pallido giovane che al posto delle mani possiede delle cesoie che utilizza con abilità straordinaria per tagliare siepi a forma di creature umane e animali, per tosare cani, per acconciare signore e per aprire le porte. Sfruttato per compiere furti e scassi finisce nei guai. Una seconda forma più sofistica di cyborg è quella per cui l'uomo, invece di fondersi col meccanismo, lo comanda a distanza, come fosse un suo duplicato, ricevendone tutte le sensazioni sensoriali, tema, questo, che si ritrova per esempio nei film di animazione giapponesi in cui compaiono enormi mostri meccanici buoni, come Goldrake e Mazinga, che combattono analoghi avversari extraterrestri e cattivi. (AZ) |
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