L'Enciclopedia dei Mostri: AB, CDE, FG, HIJKL, MNO, PQRS, TUVWXYZ
Scegli una sezione: Etimologia - Scienza - Letteratura - Cinema - Cronaca - Arte

LA STORIA DE MOSTRI, DAL MITO ALLA LETTERATURA: 
I mostri
danteschi

Una visione infernale
Nella prima cantica della Divina Commedia l'atmosfera, le descrizioni, gli stessi versi danteschi sono più inquietanti di qualsiasi romanzo del terrore. L'Inferno rappresenta lo scenario più congeniale per ospitare mostri e creature bizzarre. Qui, nel regno dell'oltretomba, non rischiano l'estinzione, né hanno motivo di vergognarsi del proprio aspetto o di nascondersi agli uomini. Anzi, possono finalmente uscire allo scoperto e tartassare le anime dei morti e spaventare i vivi, che vi fanno visita con insolita frequenza, basti pensare a Odisseo, Orfeo, Enea e Dante. 

Oltre alle numerose apparizioni di diavoli terribili, nell'Inferno si incontrano anche altre diverse creature mostruose, per lo più tratte dalla mitologia greca. Minosse (V, 1-24), che con la sua grossa coda indica ai dannati il cerchio in cui sconteranno la pena; Cerbero (VI, 1-33), il cane tricefalo; le Furie, o Erinni (IX, 34-63); il terribile Minotauro (XII, 1-80); le Arpie (XIII, 1-21); i Centauri (XII, 46 e segg.); il mostro alato Gerione (XVII, 1-133). 
Nella settima bolgia il poeta si imbatte in Caco, preso a prestito dal ciclo romano. Ai bordi del Cocito torreggiano tre giganti: Nembrot (XXXI, 58-81), Fialte (92-111) e Anteo (112-129). 

Anche i dannati assumono spesso orribili fattezze: i suicidi diventano alberi umani su cui nidificano le Arpie (XIII, 22-78), mentre i ladri fiorentini subiscono dolorose metamorfosi in serpenti (XXV, 34-151). 

La cantica si chiude infine con la visione del mostro più apocalittico: Lucifero (XXXIV, 1-67) con grandi ali di pipistrello e tre volti, ognuno dei quali stringe fra le fauci uno dei tre grandi peccatori, Giuda, Bruto e Cassio.

(LB)

Letture: Dalla Divina Commedia di Dante, 
Lucifero (If, XXXIV)


  Com'io divenni allor gelato e fioco,
  nol dimandar, lettor, ch'i' non lo scrivo,
24 però ch'ogne parlar sarebbe poco.
  Io non mori' e non rimasi vivo;
  pensa oggimai per te, s'hai fior d'ingegno,
27 qual io divenni, d'uno e d'altro privo.
  Lo 'mperador del doloroso regno
  da mezzo 'l petto uscia fuor de la ghiaccia;
30 e più con un gigante io mi convegno,
  che i giganti non fan con le sue braccia;
  vedi oggimai quant'esser dee quel tutto
33 ch'a così fatta parte si confaccia.
  S'el fu sì bel com'elli è ora brutto,
  e contra 'l suo fattore alzò le ciglia,
36 ben dee da lui procedere ogni lutto.
  Oh quanto parve a me gran maraviglia
  quand'io vidi tre facce a la sua testa!
39 L'una dinanzi, e quella era vermiglia;
  l'altr' eran due, che s'aggiugnieno a questa
  sovresso 'l mezzo di ciascuna spalla,
42 e sé giugnieno al loco de la cresta;
  e la destra parea tra bianca e gialla;
  la sinistra a vedere era tal, quali
45 vegnon di là onde 'l Nilo s'avvalla.
  Sotto ciascuna uscivan due grand'ali,
  quanto si convenia a tanto uccello:
48 vele di mar non vid'io mai cotali.
  Non avean penne, ma di vispistrello
  era lor modo; e quelle svolazzava,
51 sì che tre venti si movean da ello:
  quindi Cocito tutto s'aggelava.
  Con sei occhi piangëa, e per tre menti
54 gocciava 'l pianto e sanguinosa bava.
  Da ogne bocca dirompea co' denti
  un peccatore, a guisa di maciulla,
57 sì che tre ne facea così dolenti.

Copyright (C) 2000 Linguaggio Globale - Zopper di Antonio Zoppetti