Una visione infernale |
![]() Oltre alle numerose apparizioni di diavoli terribili, nell'Inferno si incontrano anche altre diverse creature mostruose, per lo più tratte dalla mitologia greca. Minosse (V, 1-24), che con la sua grossa coda indica ai dannati il cerchio in cui sconteranno la pena; Cerbero (VI, 1-33), il cane tricefalo; le Furie, o Erinni (IX, 34-63); il terribile Minotauro (XII, 1-80); le Arpie (XIII, 1-21); i Centauri (XII, 46 e segg.); il mostro alato Gerione (XVII, 1-133). Nella settima bolgia il poeta si imbatte in Caco, preso a prestito dal ciclo romano. Ai bordi del Cocito torreggiano tre giganti: Nembrot (XXXI, 58-81), Fialte (92-111) e Anteo (112-129). Anche i dannati assumono spesso orribili fattezze: i suicidi diventano alberi umani su cui nidificano le Arpie (XIII, 22-78), mentre i ladri fiorentini subiscono dolorose metamorfosi in serpenti (XXV, 34-151). La cantica si chiude infine con la visione del mostro più apocalittico: Lucifero (XXXIV, 1-67) con grandi ali di pipistrello e tre volti, ognuno dei quali stringe fra le fauci uno dei tre grandi peccatori, Giuda, Bruto e Cassio. (LB) Letture: Dalla Divina Commedia di Dante, Lucifero (If, XXXIV) Com'io divenni allor gelato e fioco, nol dimandar, lettor, ch'i' non lo scrivo, 24 però ch'ogne parlar sarebbe poco. Io non mori' e non rimasi vivo; pensa oggimai per te, s'hai fior d'ingegno, 27 qual io divenni, d'uno e d'altro privo. Lo 'mperador del doloroso regno da mezzo 'l petto uscia fuor de la ghiaccia; 30 e più con un gigante io mi convegno, che i giganti non fan con le sue braccia; vedi oggimai quant'esser dee quel tutto 33 ch'a così fatta parte si confaccia. S'el fu sì bel com'elli è ora brutto, e contra 'l suo fattore alzò le ciglia, 36 ben dee da lui procedere ogni lutto. Oh quanto parve a me gran maraviglia quand'io vidi tre facce a la sua testa! 39 L'una dinanzi, e quella era vermiglia; l'altr' eran due, che s'aggiugnieno a questa sovresso 'l mezzo di ciascuna spalla, 42 e sé giugnieno al loco de la cresta; e la destra parea tra bianca e gialla; la sinistra a vedere era tal, quali 45 vegnon di là onde 'l Nilo s'avvalla. Sotto ciascuna uscivan due grand'ali, quanto si convenia a tanto uccello: 48 vele di mar non vid'io mai cotali. Non avean penne, ma di vispistrello era lor modo; e quelle svolazzava, 51 sì che tre venti si movean da ello: quindi Cocito tutto s'aggelava. Con sei occhi piangëa, e per tre menti 54 gocciava 'l pianto e sanguinosa bava. Da ogne bocca dirompea co' denti un peccatore, a guisa di maciulla, 57 sì che tre ne facea così dolenti. |
Copyright (C) 2000 Linguaggio Globale - Zopper di Antonio Zoppetti |