■ Come si distinguono gli articoli partitivi dalle preposizioni articolate? ■ Si può dire “hai dei begli occhi”? ■ Si può dire “il cane di dei miei amici”? ■ Si può dire “sono stato in dei posti”? ■ Che differenza c’è tra “mangio biscotti”, “mangio dei biscotti” e mangio alcuni biscotti”? ■ Quando è obbligatorio l’uso del partitivo? ■ Quando si può evitare l’uso del partitivo? ■ Con quali parole si può sostituire un partitivo? ■ Quando i partitivi non si possono usare?
Un, uno e una non hanno un vero e proprio plurale.
Gli articoli indeterminativi al plurale diventano come le preposizioni articolate: dei, degli e delle. Prendono il nome di articoli partitivi perché indicano una quantità o una parte del tutto, come quando (anche al singolare) si dice: “Ho mangiato della carne e ho bevuto dell’acqua” (= una parte, un po’). Con questa stessa funzione, ho visto un amico al plurale diventa ho visto degli amici (cioè alcuni, un po’, certi, una parte dei miei amici, non tutti) che ha un valore indeterminato prima che di quantità.
Come distinguere i partitivi dalle preposizioni articolate?
In alternativa agli articoli partitivi, per formare il plurale si può utilizzare l’aggettivo indefinito alcuni e alcune (alcuni pneumatici, alcune amiche). Oppure, si possono sostituire con un po’, certi, qualche. E ancora, si possono quasi sempre omettere. Per esempio:
ho mangiato delle ciliegie = ho mangiato ciliegie, oppure qualche ciliegia, alcune ciliegie, un po’ di ciliegie, certe ciliegie.
Nell’analisi grammaticale, dunque, un trucco per distinguere le preposizioni articolate dagli articoli partitivi è quello di provare a compiere questa sostituzione o a ometterli (guardo dei film = guardo film o alcuni film; la palla dei bambini è invece preposizione articolata). O ancora, si può provare a girare la frase al singolare (prendo delle cose → prendo una cosa = partitivo; il nome delle cose → il nome della cosa, preposizione).
Nella loro declinazione nel genere e nel numero, i partitivi seguono le stesse regole degli articoli determinativi i, gli e le da cui sono composti (e non degli indeterminativi un, uno e una). Dunque, il plurale di una è sempre delle, mentre quello di un e di uno si trasforma in dei o degli. Il che significa che “un” al plurale può diventare a seconda dei casi dei (es. un cane → dei cani) oppure degli (un amico → degli amici).
Più precisamente, degli si usa davanti a:
● le parole che cominciano con vocale (degli amici, degli ermellini, degli imbuti, degli orsi, degli usignoli);
● le parole che cominciano con x e z (degli xenofobi, degli zerbini);
● le parole che cominciano con s impura (cioè seguita da un’altra consonante e non da una vocale, per esempio degli studi);
● i gruppi di consonanti gn, pn e ps (degli gnomi, degli pneumatici, degli psicologi).
Negli altri casi si usa dei (dei cani, dei bambini…).
Come nel caso di le e gli, è bene ricordare che anche delle e degli non si apostrofano mai: delle aquile ( e mai “dell’aquile”), degli amici (e mai “degl’amici”), e anche nel caso di degli seguito da parola che inizia con i è preferibile omettere l’apostrofo (degli italiani è meglio di “degl’italiani”, anche se grammaticalmente sarebbe accettabile). Per saperene di più vedi → “Il, lo e la: gli articoli determinativi” e → “Apostrofo: elisione e troncamento“.
Quando i partitivi si possono anche omettere e quando non si possono usare
Venendo alle questioni di stile, è consigliabile non abusare di dei, degli e delle con valore partitivo.
In passato molti linguisti di stampo purista si sono scagliati contro l’uso dei partitivi perché venivano considerati un’interferenza della lingua francese (dove sono sempre obbligatori e non si possono omettere), e anche se nell’italiano moderno sono utilizzati molto di frequente soprattutto nel parlato, è rimasta nell’aria una certa ostilità nel loro abuso soprattutto nei registri alti. Perciò c’è chi ritiene preferibile dire “ho letto alcuni libri” invece di “ho letto dei libri”, ma sono scelte stilistiche personali.
L’uso del partitivo plurale non si può invece ammettere dopo la preposizione di: il cane di un mio amico non può diventare il cane di dei miei amici; o si omette dei (il cane di miei amici) o si sostituisce (il cane di certi miei amici).
Con le altre preposizioni è grammaticalmente ammissibile, ma è spesso considerato inelegante o anche scorretto dopo la preposizione in: sono andato in dei posti (meglio: in posti, in certi posti); animali chiusi in delle gabbie… sono espressioni additate come da evitare dal punto di vista dello stile.
C’è anche chi biasima il suo uso con altre preposizioni, per esempio mangio pane con del salame (meglio mangio pane con salame), oppure ho prestato la mia macchina a degli altri e così via.
Anche quando il nome è accompagnato da un aggettivo qualificativo, per esempio ho bevuto dei vini ottimi, non è ben visto da tutti rispetto a ho bevuto vini ottimi. E davanti a queste forme che alcuni considerano ammissibili, ma altri sconvenienti, è sempre meglio domadarsi se non sia di volta in volta meglio evitarle e rigirare una frase in modo più felice a seconda dei casi.
Infine, i partitivi non andrebbero usati quando ci si riferisce a coppie di oggetti e nomi che non possono essere più di due (in tal caso dei, nel senso di alcuni, ha poco senso), per esempio: Valeria ha occhi molto belli (e non “ha degli occhi molto belli”, visto che sono solo due e che la loro bellezza non appartiene a una parte di essi), così come non si dovrebbe dire “hai delle belle gambe”, anche se questo tipo di espressioni sono piuttosto frequenti e inarginabili al punto di essere entrate nell’uso.
Invece gli articoli partitivi sono obbligatori quando precedono il verbo nei costrutti: si può dire ho portato libri, ma non libri ho portato.