■ Quali sono le parole che al plurale cambiano genere come uovo e uova? ■ Che differenza c’è tra orecchi e orecchie? ■ Quali sono le parole che hanno un plurale sia al maschile sia al femminile come ginocchi e ginocchia? ■ Quali sono le parole che al plurale cambiano radice come uomo e uomini? ■ Il plurale di calcagno è calcagni o calcagna? ■ Il plurale di tempio è tempi o templi? ■ Qual è il plurale di “belga”? ■ Che differenza c’è tra i gridi e le grida?
Tra i plurali anomali e irregolari, ci sono parole sovrabbondanti che presentano due forme per il plurale e, talvolta possiedono un diverso significato e talvolta no.
Tra questi ultimi ci sono per esempio nomi dal plurale sia maschile sia femminile, come i ginocchi o le ginocchia; gli orecchi e le orecchie (ma quelle che si fanno alle pagine dei libri sono solo al femminile), i gridi (per lo più solo degli animali) e le grida.
In alcuni casi i plurali al femminile vivono solo in alcune frasi fatte, per esempio i calcagni è affiancato da un doppio plurale solo nell’espressione “stare alle calcagna”; i reni e “spezzare le reni”; i cuoi e “tirare le cuoia”.
Ci sono poi plurali che cambiano genere e passano dal maschile al femminile, come un uovo e le uova, il riso (nel senso delle risate) e le risa, il paio e le paia, e poi alcune unità di misura come il miglio e le miglia, il migliaio e le migliaia, il centinaio e le centinaia, mentre mille nei composti si trasforma in –mila (duemila). Il carcere ha due plurali di diverso genere: i carceri e le carceri. Passa invece dal femminile al maschile la eco che diventa gli echi.
Tra i plurali irregolari femminili c’è ala che diventa le ali, invece di seguire le regole della prima declinazione.
Altri plurali cambiano la radice e così uomo diventa uomini (anche nei composti come gentiluomo), dio diventa dei (che ha anche un’articolazione irregolare: gli dei al posto de “i dei”), e bue diventa buoi, così come uscendo dalla categoria dei sostantivi, anche gli aggettivi possessivi mio, tuo e suo si trasformano in miei, tuoi e suoi.
Tempio e ampio al plurale prendono una “l” (ampio anche nel superlativo amplissimo) e diventano templi e ampli, anche se esistono anche le forme regolari, tempi e ampi.
Infine, un abitante del Belgio è detto belga, ma al plurale diventa belgi, invece di mantenere il suono duro come fa al femminile (le belghe).