■ Cosa sono gli accenti tonici? ■ Che differenza c’è tra accenti tonici e accenti grafici? ■ Quando bisogna scrivere gli accenti tonici? ■ Cosa sono le parole tronche? ■ Cosa sono le parole piane? ■ Cosa sono le parole sdrucciole? ■ Cosa sono le parole bisdrucciole? ■ Cosa sono le parole trisdrucciole? ■ Quali sono gli esempi di parole trisdrucciole? ■ Quali sono gli esempi di parole bisdrucciole? ■ Quali sono gli esempi di parole trisdrucciole? ■ Quali sono gli esempi di parole sdrucciole? ■ Quali sono gli esempi di parole piane? ■ Quali sono gli esempi di parole tronche?
Ogni parola è composta da sillabe (i monosillabi come sì o no ne hanno una sola) e possiede un suo accento, su cui la voce si appoggia con maggior forza.
Gli accenti tonici (cioè quelli che si pronunciano ma non si scrivono) cadono sempre su una vocale.
La sillaba dove cade l’accento è detta tonica (dal greco tònos, “forza”), mentre le altre sillabe sono àtone (senza tono). Per esempio: “farfallina” è composta da quattro sillabe, far-fal-lì-na, e quella tonica è la penultima.
A seconda di dove cade l’accento, le parole si dividono in:
● tronche, cioè accentate sull’ultima sillaba (però, città);
● piane, accentate sulla penultima (cà-ne, pa-rò-la);
● sdrucciole, sulla terz’ultima (cà-vo-lo, rò-to-lo);
● bisdrucciole, sulla quart’ultima (di-mò-stra-me-lo, pre-cì-pi-ta-no);
● trisdrucciole, sulla quint’ultima (fàb-bri-ca-me-ne, òr-di-na-glie-lo).
Gli accenti tonici di questi esempi (marcati in grassetto) si pronunciano ma non si scrivono, tranne per le parole tronche accentate sull’ultima (però, città): solo in questo caso è obbligatorio indicarli anche nella scrittura (e l’accento grafico coincide con l’accento tonico).
Le regole ortografiche non prevedono di scrivere questi tipi di accenti nemmeno in casi di ambiguità (come si faceva talvolta in passato), perciò “ancora”, a seconda dell’accento tonico e di come si pronuncia, può essere l’àncora di una nave o l’avverbio ancòra, ma non c’è bisogno di aggiungere l’accento grafico (è facoltativo ma in disuso), il significato si ricava dal contesto; allo stesso modo “principi” può indicare i prìncipi figli di un re, o i princìpi morali, e “capitano” può essere la terza persona plurale del verbo, càpitano, oppure un capitàno.
Per un elenco di queste parole → “Quando l’accento cambia il significato“.
Ci sono molte parole che presentano spesso dubbi di pronuncia e di frequente gli accenti tonici vengo sbagliati e fatti cadere erroneamente sulla sillaba errata (per esempio “rùbrica” al posto di rubrìca, o “édile” al posto di edìle). Per un elenco di quste parole → “Dubbi di pronuncia“.
Inoltre, questi accenti che si pronunciano ma non si scrivono non riguardano solo l’accento della parola che cade sulla giusta sillaba, ma possono anche riguardare il fonema (cioè il suono) di una singola lettera, per esempio le “o” aperte o chiuse. Le parole che cambiano il significato a seconda della dizione di queste lettere (come pésca e pèsca) vengono chiamate omografe, cioè che si scrivono allo stesso modo.
Vedi anche:
→ “Omografi, omofoni e omonimi“
→ “Quando l’accento cambia il significato“
→ “La pronuncia della O può cambiare il significato”
→ “La pronuncia della E può cambiare il senso alle parole”
→ “La dizione corretta di E, O, S e Z
→ “Dubbi di pronuncia”
→ “L’accento: le differenze tra parlare e scrivere“