■ Gli aggettivi sono sempre variabili? ■ Come si forma il plurale degli aggettivi? ■ Gli aggettivi come si volgono al femminile? ■ Quali sono le declinazioni degli aggettivi? ■ Perché il plurale di poco è pochi, ma quello di pacifico è pacifici? ■ Perché il plurale di saggio è saggi, ma quello di pio è pii? ■ Come si fa il plurale degli aggettivi composti? ■ Quando bello diventa bel, bei, belli? ■ Quando si deve dire quel, quei o quelli invece di quello? ■ Quali sono gli aggettivi invariabili? ■ Quando usa buon e quando buono? ■ Nessun e nessuno seguono le regole di un e uno? ■ Quando l’aggettivo si riferisce a una coppia di nomi uno maschile e l’altro femminile come si declina? ■ Meglio dire i pomodori e le mele rossi, o i pomodori e le mele rosse?
Gli aggettivi sono inclusi tra le parti variabili del discorso perché il più delle volte si concordano con il sostantivo di riferimento nel genere (maschile e femminile) e nel numero (singolare, plurale).
Per essere precisi non sempre è così, e ci sono anche molti aggettivi invariabili come molti numeri, alcuni colori come il rosa, alcuni aggettivi determinativi. Sono invariabili anche:
● aggettivi come tuttofare, stereo, turbo…
● alcune locuzioni avverbiali usate come aggettivi (perbene, dappoco);
● pari e i derivati (dispari, impari);
● alcuni composti di anti– come antinebbia, antifurto, antiriflesso (ma non vale per antipatico o antisismico, al plurale –ci), di fuori- (fuoripista, fuoriporta), si mono– (monoposto), o di pluri– (pluriuso);
e in altri casi ancora.
Per comprendere quando si possono declinare e come, può essere utile dividerli in categorie a seconda della loro desinenza (così come si fa con i sostantivi):
● gli aggettivi che al maschile singolare terminano in –o (per esempio bello) hanno quattro possibili desinenze:
–o per il maschile singolare → uomo bello
–a per il femminile singolare, → donna bella
–i per il maschile plurale → uomini belli
–e per il femminile plurale, → donne belle;
● gli aggettivi che al maschile singolare terminano in –a (es. idealista) hanno tre possibili desinenze:
–a per il maschile e il femminile singolare → uomo o donna idealista
–e per il femminile plurale, → donne idealiste
–i per il maschile plurale → uomini idealisti
● gli aggettivi che al maschile singolare terminano in –e (es. interessante) hanno due possibili desinenze:
–e per il maschile e femminile singolare → uomo o donna interessante –i per il maschile e femminile plurale → uomini o donne interessanti
Inoltre (come nel caso dei nomi in –co e –go), gli aggettivi che terminano in:
● –co al plurale si trasformano in –chi (pronuncia dura; per esempio pòchi, antìchi) quando sono accentati sulla penultima (sono cioè piani); se invece sono accentati sulla terz’ultima (sdruccioli) si trasformano in –ci mantenendo il suono dolce (per esempio: pacìfici, antibiòtici ma al femminile mantengono il suono duro: pacifiche, antibiotiche);
● in –go al plurale diventano –ghi (casalinghi, larghi), ma ciò non vale per i composti di –fago (antropofagi);
● in –io al plurale maschile terminano in –ii quando al singolare l’accento tonico cade sulla i (pìo → pii), altrimenti si contraggono in una sola –i (saggio → saggi).
Quando sono composti, di solito gli aggettivi cambiano il plurale solo nella desinenza del secondo elemento: verità sacrosante; comunità italo-francesi.
Nel declinare gli aggettivi è bene ricordare che:
● bello (come quello, formato dall’articolo determinativo il/lo) si comporta seguendo le regole che governano → l’articolo determinativo, dunque al maschile possiede un doppio singolare e un doppio plurale a seconda della parola che segue: un bel gatto, un bell’armadio, bei colori, begli occhi (al femminile sempre bella e belle). Dunque non è corretto dire che bei occhi;
● buono (come alcuno, formato → dall’articolo indeterminativo un/uno) si comporta come l’articolo indeterminativo: buon appiglio (senza l’apostrofo), buono studente (benché buon studente venga ormai tollerato, anche se non elegante), buon’anima, buona persona (al plurale è invece sempre buone e buoni). Vedi anche “L’apostrofo: elisione e troncamento“
Infine, bisogna prestare attenzione alle concordanze: quando ci sono aggettivi riferiti a più nomi di genere diverso prevale il maschile, per esempio: “Il gatto e la gatta sono bianchi”, anche se talvolta, per assonanza, è ammissibile anche concordare l’aggettivo solo con il nome più vicino: “Ho passato giorni e settimane intense”. Insomma talvolta le regole di questo tipo non si applicano solo in modo rigido e matematico, sono elastiche e si possono piegare a seconda delle circostanze, se suonano meglio.